- Buonasera.
- ‘sera. Lei è…?
- Avrei un appuntamento con la titolare, sono C****** P***********.
- Ah sì, certo, certo. Alle 15, giusto? Prego, la faccio attendere un momento qui mentre vado ad avvisare la dottoressa del suo arrivo.
- D’accordo, grazie.
- C******** P**********?
- Sì, sono io.
- Buonasera, signora C****** P***********: Karma Fortuna, molto piacere. Si accomodi pure. Possiamo darci del tu?
- Piacere mio. Certo, diamoci pure del tu.
- So che hai programmato questo appuntamento moltissimo tempo fa: mi dispiace molto per l’attesa. È che… caspita, dai un’occhiata tu stessa a questa agenda. Guarda la giornata di oggi: praticamente non ho un momento libero nemmeno per mangiare.
- Sì, non ne dubito... viste le tue, diciamo, “capacità”… credo che in molti abbiano sentito il desiderio d’incontrarti, almeno una volta nella vita.
- Certo. Beh poi, se non altro… il mio portafogli ringrazia! Eheheh. No?
- Già.
- S-sì. Dunque. Veniamo a noi. Perché sei qui?
- Non è ovvio? Insomma, la gente verrà a trovarti perché evidentemente crede di essere stata presa a calci dalla vita.
- Mi stai dicendo che ti senti “presa a calci dalla vita”?
- No! Cioè… non è quello il motivo principale. Ho imparato a fare i conti col fatto che viviamo in un’epoca molto complicata.
- E allora qual è il motivo “principale” per cui sei qui, oggi?
- Guarda, ho preso questo appuntamento molto tempo fa, in un momento in cui non mi sembrava possibile farcela da sola, in nessun modo. Le mie… esigenze? Non saprei come chiamarle… comunque, credo siano cambiate. Forse tempo fa ti avrei detto: “Vorrei una casa tutta mia, con un bel giardino, vicina al mare”. Ma oggi non so più se è quello che ti risponderei. Cioè: la casa col bel giardino e vicina al mare sì, la voglio ancora.
- A-ehm. Ti interrompo un attimo. Se pensi che di avere a che fare col mago della lampada o con un oracolo, ti sbagli.
- Ah.
- Non era chiaro dal form di prenotazione?
- No.
- Dovrò farlo sistemare.
- Forse è meglio.
- È per via del mio nome. Le persone credono di poter venire qui a sistemare la propria vita o che ne so, mandare una macumba a qualcuno. Non è esattamente quello che faccio.
- Capisco. Ma credimi, neanche a me interessa interfacciarmi con qualcuno che esaudisca i miei desideri. Principalmente perché, come dicevo prima, non so più quali siano davvero. Penso di starmi abituando all’idea che desiderare sia fondamentalmente proibito. Più che proibito… faticoso. Fuori dalla mia portata. Io, i miei coetanei, ci stiamo tutti autoconvincendo di dover vivere in modo “minimalista”, “oculato”. Ci stiamo raccontando di star facendo bene, che alla fine le cose importanti non sono i beni materiali. Tutto giusto, per carità. Come potrei non desiderare salute e benessere per me e i miei cari. È che… Karma Fortuna, non ti sembra tutto un po’ troppo? Non so, a volte è come essere intrappolati in un videogioco. A un certo punto verrà qualcuno a dirci uè grande, hai superato il boss finale, adesso ti puoi rilassare? Me lo chiedo spesso. Capisci cosa intendo?
- Mh-hm.
- Quello che voglio dire è che non riesco a immaginare il lungo periodo. Sono molto affaticata. Riesco a sognare, quello sì, m’è rimasta questa caratteristica da quando ero bambina. Però… poi basta. Ho fatto pace con l’idea che certi sogni non si avvereranno. Ho provato a smussarne gli angoli, a prevederne alcuni meno “costosi”, meno… pretenziosi? Mi sono detta che certe cose non mi servono davvero, che posso vivere con ciò che ho, con le persone con le quali ho coltivato delle relazioni sane. Che alla fine dei conti sono pure fortunata. Solo che… Karma Fortuna, io non riesco a capire cosa succederà domani, dopodomani. Tra un anno. Se quello che ho fatto fin qui, fino a oggi, ha avuto un senso oppure no. Qualche settimana fa ho rivisto un episodio di Bojack Horseman — hai presente quella serie col cavallo? — in cui c’è una delle protagoniste, Diane, che si chiede se il suo trauma può esserle utile in qualche modo, se l’ha resa effettivamente “speciale”. Se l’aiuterà a scrivere un’autobiografia o se l’ha solo resa più debole. Mi domando più o meno la stessa cosa, alla fine. Quanto sarà grande la mia fetta di torta? Ci sarà una fetta di torta, alla fine? Non so se mi stai seguendo.
- Tutto chiaro. Non stiamo parlando di torte.
- Non proprio. Comunque, per rispondere alla tua domanda, non so cosa ci faccio qui.
- Me l’hai appena spiegato.
- Sì, ma poi hai detto che non sei un oracolo.
- No, infatti.
- E quindi?
- E quindi ho capito che dentro di te c’è un mondo di sentimenti.
- Fin qui c’ero anch’io.
- Perfetto.
- Cosa stai scrivendo?
- Sto compilando i dati per la fatturazione.
- Ah.
- Non so se avessi letto le tariffe sul sito.
- Sì ma—scusami, Karma Fortuna: si è già concluso il nostro incontro?
- Certo che no, C********.
- Ok…?
- Vorrei che le tue parole riecheggiassero in questa stanza ancora per un po’. Il mio lavoro funziona così: c’è un macchinario, lì in fondo, lo vedi? Sembra un piccolo aspirapolvere. È in grado di elaborare le micro-variazioni emotive nel tuo tono di voce: registra tutto. Quando hai trattenuto il fiato, quando hai abbassato la voce, quando si è quasi spezzata. E da lì decide cos’è davvero importante.
- Oh.
- È uno strumento molto innovativo. Sta… digerendo il tuo discorso e, quando avrà finito, ci consegnerà la parola sulla quale dovrai concentrarti.
- “Dovrò concentrarmi”?
- Eccola qui: “fortunata”.
- Pff. Ma dai. Di tutto quello che ho detto, è riuscito a selezionare proprio questa parola?
- Fidati, il macchinario non sbaglia.
- No, per carità: è che in proporzione credo di aver nominato di più parole come sognare, desiderare.
- Te l’ho spiegato, non funziona così. Il macchinario non tiene conto di quante volte hai nominato qualcosa, ma solo della qualità delle parole che hai usato.
- La qualità.
- Proprio così.
- Scusa, eh. Ma tu fai di cognome Fortuna, ammesso che sia il tuo vero cognome. Non ti pare un po’ troppo scontata la parola selezionata? Ti ho nominata spesso, magari s’è confuso?
- C********, lo so, non è facile. Forse non era nemmeno ciò che ti aspettavi da questo incontro. Ma sei venuta da me per farti aiutare. Se avessi avuto tutto sotto controllo non saremmo qui.
- No, certo… credo.
- Perfetto. Il nostro incontro finisce qui.
- Come, scusa? Cioè… basta? Questo è tutto?
- Beh, sì. Hai la tua parola.
- “Fortunata”.
- Esatto. Pensaci un attimo. “Fortunata” è una parola perfetta. Stride. Fa attrito col tuo racconto. Ti mette a disagio.
- Oh sì, grandioso. Bella rivelazione. E quindi? Cosa dovrei farmene?
- Non lo so. Scrivila su un pezzettino di carta. Piegalo e tienilo in tasca. Leggilo, ogni tanto. Magari un giorno smetterà di sembrarti una presa in giro.
- Un bel consiglio new age.
- C********… tutti abbiamo bisogno di credere che esista un senso. Ci hanno venduto l’idea che ogni fatica debba portare a una lauta ricompensa. Di quelle esorbitanti, pazzesche. Ma a volte, il premio… come dire… è semplicemente non essere stati travolti del tutto.
- …
- …
- Assurdo.
- Tutto ti sarà chiaro più avanti.
- Quindi adesso me ne vado?
- Hai la mia benedizione. Ah, C********: prima che mi dimentichi.
- Cosa?
- Sono 120€. Ricevuta cartacea o digitale?
Discussione su questo Post
Nessun post