"Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?"
Se lo chiedeva Joseph Conrad e si riferiva alla mirabile capacità di fermarsi, ritrovarsi, e poi ricominciare. Anche un po' meglio di prima
Quando non riusciamo a far funzionare la nostra testa come vorremmo e tutto quello che facciamo ci sembra privo di senso, dovremmo provare a uscire di casa. È uno di quei meccanismi di coping che, dicono, aiuti il cervello quando questo finisce in un vicolo cieco, rischiando di incartapecorirsi.
Se l’autore di Cuore di tenebra cercava l’ispirazione per i suoi romanzi fuori dalla sua finestra, ai giorni nostri (ossia: su TikTok) pare sia utile fare la “stupid walk for my stupid mental health”, sia per evitare di dar fuoco ai propri colleghi che, per i meno arditi, per riordinare i pensieri prima di tornare al lavoro.
Sia chiaro: non intendo minimamente paragonare i due modus operandi
Insomma - che si stia girando attorno a un’idea senza venirne a capo come Conrad1, o si stia impazzendo a causa di task noiosissimi come i TikToker in burnout, sembra che, lasciare i nostri compiti (e i nostri pensieri incendiari) momentaneamente da parte, serva davvero.
Essendo attualmente disoccupata, per ora la questione prettamente esecutiva del lavoro mi tocca solo a livello spirituale; però, ecco, so di cosa parliamo. Abbondantemente. Ad oggi, in tutti i casi, ho solo la grande fortuna (?) di potermi fare le pippe mentali sul mio conto (e su tutto quello che ho fatto, faccio e che farò) più o meno per tutto il giorno.
(Che ne sarà di me? a che numero di candidature ignorate sono arrivata? troverò mai il mio posto nel mondo? quanto ancora andrò avanti a scrivere questa newsletter prima di finire le cose da dire? quando inventeranno la macchina del tempo per tornare indietro al 2009 e darmi semplicemente un ceffone, uno solo, dritto sulla guancia destra, con le nocche? ho spento il forno prima di uscire?).
Per questo, negli ultimi tempi, ho deciso di provare la teoria della passeggiata trascinandomi al parco vicino casa, nella speranza che la natura (con buona pace della natura vera, visto che abito a Milano) potesse regalarmi qualche visione mistica.
Errore. Ho scoperto che al parco ci sono solo adulti maleducati che fanno gli adulti maleducati e bambini che fanno semplicemente i bambini, in quel preciso modo così irritante che sono certa abbiate afferrato.
Tutto cambia quando sono vicina al ciclo: lì, uscire, è fondamentale. Mi basta incontrare una qualunque tipologia di cane. Sto molto meglio, in quei casi
Insomma, non è che mi sia sentita così ispirata, rinvigorita e pronta ricominciare il mio da fare. Ma il motivo è presto detto: m’immaginavo che le angosce corrosive sarei riuscita a lasciarle a casa, una volta fuori.
E invece quelle non ci pensano proprio.
Vengono con me a farsi due passi.
In realtà il punto è proprio questo: non è detto che possa funzionare così semplicemente per tutti. Se ci portiamo fisicamente fuori anche per smettere di pensare a cosa c’è dentro (un ufficio, una casa, un cuore), come si fa quando quel dentro è fatto proprio di vuoti lavorativi o di mestieri sottopagati, che risucchiano le nostre giornate, che annullano la nostra creatività?
Tutti abbiamo i nostri obiettivi da raggiungere (svoltare la nostra carriera, acquistare una casa, mettere al mondo una creatura, possedere un aspirapolvere Dyson): com’è possibile ritrovare la forza di volontà, l’ispirazione e fondamentalmente noi stessi, se ci troviamo continuamente scissi tra chi vorremmo essere davvero e chi ci hanno costretti a diventare?
Cielo, quante domande assillavano il cuore della giovane pulzella!
Io, invece, in mezzo a tanto fervore d’interezza, mi sentivo sempre più triste e manchevole. Alle volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane.2
Spero che nessuno di voi abbia già cliccato su cancellami immediatamente da questa newsletter pesantona. Cercherò di accompagnarvi velocemente alla fine della mia riflessione, promesso.
Ho trovato un altro modo per interpretare la citazione di Conrad: fermarsi è necessario, non solo per sbloccare un’idea (ed evitare la piromania).
Guardare fuori dalla finestra è fondamentale soprattutto per capire in che luogo e in che momento il nostro ingranaggio s’è inceppato. E, spesso, l’unico modo possibile per scoprirlo è proprio provando a restare in quel dentro. Entrando in contatto con ciò che ci avvelena. Dando modo al nostro cervello di sentire tutto quello che deve sentire.
Ora voi direte: questa è pazza.
Sì, le associazioni mentali che faccio stupiscono il 98% delle volte anche me - ma vi ricordate quell’iconico estratto da La ruota della fortuna con Mike Bongiorno e il signor Giancarlo?
Ecco.
Secondo me potremmo provare a fare tutti un po’ come lui: possiamo perdere ma anche vincere le nostre battaglie, possiamo ritrovare la strada anche se abbiamo sbagliato lettera.
Ma una cosa è certa: non lo faremo mai grazie alla nostra fuga.
Proprio mentre un pensiero malvagio
Ti porta dritto a me
Perché tu vuoi i colori
Stai attenta a te
Se Conrad avesse avuto TikTok, altro che Cuore di tenebra. Sarebbe qua a guardare i What I eat in a day come tutti noi.
Il visconte dimezzato, Italo Calvino.
L'incipit mi ha ricordato molto "L'inventore di sogni", di Ian McEwan - lettore di commenti, se non lo conosci (perché l'autrice della newsletter sicuro l'ha già letto), procuratelo immantinente!
Peter Fortune è un ragazzino che spesso lascia se stesso seduto al banco, mentre se ne vagola con la mente verso lidi altri.
Profonde come le acque dalle quali è emerso il così attuale "Diavolo nero", le riflessioni che emergono dal tuo scritto avrebbero bisogno di spazio senza vincoli, di un lungo rotolo di carta da telex per essere indagate.
Grazie per aver condiviso questi pensieri.
Abbiamo vissuto/stiamo vivendo tutti la stessa vita. E dai, si sa, mal comune...